Autore: Marco Sanavio    Fonte: “Cliccare” – Cittadella 2019

Nel 2009 il Consiglio regionale del Veneto iniziò a sperimentare un progetto denominato Demotopia, una piattaforma di cittadinanza digitale che aveva il compito di ascoltare il cittadino rispetto alle proposte indirizzate alla Pubblica Amministrazione (d’ora in poi PA) che, a sua volta, si assumeva l’onere di prendere in adeguata considerazione i suggerimenti per migliorare i processi partecipativi.

Dopo una prima fase di ascolto online, nella quale cliccare è divenuto sinonimo di votare, proporre, dissentire, partecipare, i promotori di Demotopia hanno scelto di completare la consultazione in occasione di un convegno organizzato a Venezia per connettere cittadini, soggetti istituzionali e rappresentanze politiche.

Questa sperimentazione,  proposta in anni in cui la fruizione della connettività mobile era ancora poco diffusa, mise in rilievo almeno due punti critici su cui riflettere rispetto alla E-partecipation:

  • da parte del cittadino l’aver considerato la partecipazione mediata dagli schermi e quella in presenza come processi distinti e diversi
  • l’attesa impropria, da parte della PA, di riuscire a sollecitare gli interventi dei cittadini semplicemente pubblicando online una piattaforma proprietaria e sostenendola con una adeguata campagna di informazione. È più produttivo, infatti, che la PA possa attivare pratiche di ascolto all’interno delle reti sociali che il cittadino già frequenta, così da intercettare disagi e proposte costruttive negli ambiti in cui si manifestano spontaneamente piuttosto che creare un ulteriore ambiente digitale dedicato.

Cliccare, pertanto, potrebbe tradursi in azione di accesso a tre livelli di interscambio con la PA: E-partecipation (interazione con le istituzioni a livello consultivo e deliberativo), E-democracy (partecipazione elettronica a scelte politiche e amministrative) ed E-government (uso di tecnologie dell’informazione della comunicazione volte a fornire servizi telematici a cittadini e imprese). In un ambito politico allargato, che esce dagli stretti confini del rapporto con la PA, la partecipazione elettronica e la natura orizzontale dei processi di aggregazione sociale oline non sono però immediatamente sufficienti a garantire un superamento della disparità di forze tra cittadino e centri di potere: cliccare non equivale automaticamente a produrre un cambiamento nemmeno quando i numeri sono significativi.

Un conto, infatti è la valutazione delle opzioni che vanno dipanandosi nell’ambito del possibile, un conto è la pressione sociale al cambiamento che ottiene un risultato concreto solo nel momento in cui il nucleo di potere entra in crisi o ha concesso alla base uno strumento istituzionale di partecipazione diretta e deliberativa. Il grado di influenza, infatti, non è dato a priori ma si definisce nel corso dell’azione.

Cliccare per partecipare diventa quindi un atto volontario che si intensifica quanto più l’agente prende coscienza del valore e della desiderabilità del suo contributo.

Se da un lato, quindi, il digitale sembra semplificare la partecipazione politica come non mai grazie al click domestico, dall’altro incontra soglie di diffidenza e fatiche tecniche e psicologiche nell’accesso che ne indeboliscono la portata. Soprattutto per i giovani viene rilevato un fenomeno che il politologo Dalton (1984) descrive come «mobilitazione cognitiva», ovvero un coinvolgimento astratto e psicologico nella politica che non sempre sfocia nell’impegno civico e nella cittadinanza attiva.

La smaterializzazione del rapporto personale nei processi partecipativi rischia quindi di rendere ancora troppo fragile e limitato agli iter burocratici il click politico, pur di fronte a percorsi indubbiamente efficaci di partiti che consentono agli aderenti una reale partecipazione ai processi di scelta e decisione.