Da sempre l’uomo vive nella violenza, perpetrata o subita. Lo constatiamo anche noi: dalle guerre alla violenza inaudita che spesso si scarica su persone innocenti. Di fronte alla violenza l’uomo tenta di riparare con la vendetta, con la giustizia, ma anche con il perdono e la riconciliazione.
Quest’ultima opzione, oggi poco rilevante, suggerisce che la nostra cultura non sia più così cristiana. Un segnale di speranza arriva in questi giorni dal caso di Giulia Cecchettin: non solo dalle parole del padre al funerale, belle, non banali, toccanti e aperte, comunque, a una prospettiva di perdono, ma anche a quelle della comunità di Torreglia, paese dei Turetta, nella messa domenicale.
Un servizio del Tg3 del Veneto ha riportato le testimonianze di alcuni concittadini che hanno espresso vicinanza alla famiglia sottolineando come le sofferenze profonde fossero due, e come proprio da quella dei genitori di Filippo fosse per assurdo più difficile uscire: il giudizio, il senso di colpa, la necessità comunque di essere un sostegno d’amore al figlio in carcere. «La vicinanza ha bisogno di essere discreta non invadente – ha detto il parroco di Torreglia – ma hanno bisogno di quella consolazione che viene dalla bontà e dalla gentilezza di persone che si mettono nei loro panni». Ecco la compassione, anteposta al giudizio. Per chi lavora
in ambito educativo, nelle carceri, nelle comunità di minori, a contatto con tanti esempi di errori e di vite gettate, il tema è sostanza perché va oltre la questione della responsabilità e della pena, sacrosante, ma tocca la prospettiva e la speranza. Cosa deve fare oggi una persona per avere un’altra possibilità? È impossibile pensare che la vita possa prevedere lo sbaglio, la debolezza, il poter andare avanti a fronte di un pentimento? Oggi questa possibilità sembra soffocare, anche nel pensiero. Potrebbe essere utile anche la testimonianza di persone che si pentono, si scusano, che accolgono la responsabilità dell’errore, e ripartono dal rancore verso un rinnovato legame sociale.
Ruggero Segatto
Direttore ISRE