Di Ruggero Segatto, direttore ISRE

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Nel 2006 l’Organizzazione  Mondiale della Sanità, definendo alcuni stati del benessere da tutelare nelle persone, inseriva, organismo laico, il benessere spirituale come parte integrante.

Possiamo anche sorridere nel pensare che il prossimo Ministro della Salute possa dedicare, con la situazione economica in corso, risorse per curare e potenziare questa dimensione.

La cosa forse che fa meno sorridere è che raccontare questo anche a molti credenti possa passare come anacronismo o perdita di tempo.

Un recente seminario organizzato a Milano da RisorSe, con il contributo di padre Natale Brescianini ha permesso di focalizzarci ancora meglio su questo argomento, poichè da qualche tempo l’intelligenza spirituale anche nel mondo della formazione e del lavoro sta diventando un aspetto sempre più evidenziato. Non parliamo di competenza, di test da superare o processi e prodotti da svolgere, ma di un’attitudine che va a scavare dentro noi stessi in quella zona personale in cui, soddisfatto il bisogno, il bisogno stesso si apre al desiderio (rif. Maslow).

Non è un caso che ‘intelligenza’ sia una parola che in sé richiama il leggere dentro e il leggere tra, ossia invita ad un percorso personale che vada in profondità e che definisca e crei interrelazioni.

Negli ultimi anni vanno molto di moda le soft skills. Spieghiamo: sono quelle competenze chiave o trasversali che attengono alla sfera personale, al carattere, all’inclinazione, al modo di relazionarsi.

Di recente un imprenditore mi ha detto: cerco ragazzi che abbiano buone attitudini, le competenze gliele insegno io.

Non si è mai capito perché gli americani questo tipo di competenze le abbiano definite soft, se non per una estrema sottovalutazione, quando invece poterle apprendere è un processo assolutamente difficile e duro, hard appunto, perché va a interrogare il nostro modo di essere, di vivere di percepire la realtà e il prossimo che ci sta davanti.

Proprio così: anche il devoto nei testi cerca risposte, ma nella dimensione spirituale ci si lascia interrogare.

Travolti da fatti ed eventi che sembrano ogni giorno di più farci svoltare al peggio, dove anche nelle nostre famiglie siamo sicuramente presi da altre incombenze, queste brevi riflessioni potrebbero sembrare davvero fuori luogo.

Ed è scontato che prima di chiederci se nell’educazione dei nostri ragazzi abbiamo davvero il desiderio di avvicinarli a questa dimensione di profondità, di interrelazione e di domanda, che è qualcosa di molto diverso se non opposto all’utilizzo di una chat, ci dobbiamo interrogare se questa dimensione la riusciamo a riscoprire e vivere in prima persona.